Programmazione pastorale |
Anno Pastorale 2002/03 Introduzione “Compito
primario della Chiesa è testimoniare la gioia e la speranza
originate dalla fede nel Signore Gesù Cristo, vivendo nella compagnia
degli uomini, in piena solidarietà con loro, soprattutto con i più
deboli”
(Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 1). Con queste parole, affidate alla Chiesa italiana, i vescovi
ci esortano a riconoscere in Cristo
il modello di ogni
evangelizzazione, finalizzata all’annuncio e alla testimonianza
del vangelo di salvezza, offerto a tutti gli uomini, in particolare ai
poveri e a quanti vivono in situazioni di disagio fisico e spirituale. E’ l’obiettivo che anche la
nostra comunità intende perseguire nei prossimi anni, accogliendo le
indicazioni contenute negli Orientamenti pastorali dell’Episcopato
italiano per il primo decennio del 2000. Ci
guida nella missione la parola dell’apostolo Giovanni : “Ciò
che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi
abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò
che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la
vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo
testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e
si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo
annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La
nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose
vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta”.
(1Gv 1,1-4) Commentando
le parole dell’apostolo, i Vescovi ci offrono alcuni suggerimenti per
il cammino che la nostra comunità intende percorrere. “«Ciò che era fin da principio,
ciò che noi abbiamo udito...» :
la fede nasce dall’ascolto
della parola di Dio, contenuta nella Sante Scritture e nella
Tradizione, trasmessa soprattutto nella liturgia della Chiesa mediante
la predicazione, operante nei segni sacramentali come principio di vita
nuova. Non ci stancheremo
mai di ribadire questa fonte da cui tutto scaturisce nelle nostre vite :
«la parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23)”. “«... ossia il Verbo della vita» :
l’ascolto dei cristiani è rivolto soprattutto alla Parola fatta carne, a colui che secondo l’evangelista Giovanni è
la narrazione, la spiegazione, cioè la rivelazione del Padre
(cfr. Gv
1,18). Tale
ascolto apre a una conoscenza esperienziale e amorosa,
capace di incidere profondamente sulle nostre vite trasmettendoci la
vita stessa di Dio : «E’
apparsa la grazia di Dio», dice l’apostolo Paolo, «apportatrice
di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna... a vivere... in
questo mondo»
(Tt
2,11-12)”.
“«Ciò che noi abbiamo udito... lo
annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi...
Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia [di
noi e di voi tutti]
sia perfetta» :
grazie all’ascolto, all’esperienza
e alla contemplazione del Verbo,
i nostri cuori si trasformano, sino a plasmare
le nostre vite, sino a farle diventare a loro volta capaci e
desiderose di offrire e comunicare la vita ricevuta. Nel
cuore di chi ha aderito al Signore Gesù Cristo, non può non nascere il
desiderio di condividere il dono ricevuto, di «amare come siamo stati
amati»”. (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 3) Per
questo - concludono i vescovi nella parte introduttiva del documento - “ci pare
compito assolutamente primario per la Chiesa, in un mondo che cambia e
che cerca ragioni per
gioire e sperare, sia e resti sempre la comunicazione
della fede, della vita in
Cristo sotto la guida dello Spirito, della
perla preziosa del Vangelo”
(n. 4). Da
queste indicazioni possiamo trarre alcune linee di programmazione
pastorale, anche alla luce delle esigenze che negli ultimi tempi sono
state avvertite nella nostra comunità. Chiesa, “luogo” di fraternità e di comunione “Raggiunti
dall’amore di Dio «mentre noi eravamo ancora peccatori» (Rm 5,8), siamo
condotti ad aprirci alla solidarietà con tutti gli uomini, al
desiderio di condividere con loro l’amore misericordioso di Gesù che
ci fa vivere. La
Chiesa è totalmente orientata alla comunione. Essa è e dev’essere sempre «casa e scuola di
comunione» (Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia, n. 65)
La comunità parrocchiale di San Giuseppe è una comunità viva, con una
ricca storia di esperienze e tradizioni, caratterizzata dalla presenza
di gruppi
che la animano, con la disponibilità di catechiste, animatori,
responsabili e di quanti collaborano in vario modo alla sua crescita.
Nella prima lettera ai cristiani di Corinto l’apostolo Paolo
parla di doni personali, di “carismi” (cfr. il capitolo 12) : il Signore ce li affida perché li mettiamo a servizio dei fratelli
per edificare nella carità la comunità alla quale apparteniamo. E’ la carità, infatti, che “qualifica” la
comunità cristiana, comunità di fratelli, figli dell’unico “Padre che sta nei cieli”
(Mt
5,48) e
che la rende segno visibile dell’amore di Dio. “Da
questo
- dice Gesù ai discepoli - tutti
sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli
altri”
(Gv
13,35).
Amati da Dio, siamo chiamati ad amare
i fratelli imitando l’esempio di Cristo, venuto nel mondo “non
per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto
per molti”
(Mc
10,45). Riconoscere questo significa “crescere nella comunione”,
consapevoli che la testimonianza della carità è il primo e il più
importante “fattore
di evangelizzazione”, come Gesù
rivela nella sua preghiera al Padre : “... che tutti siano una cosa sola, affinché il
mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv
17,21).
Oggi
più che mai, “in
un mondo lacerato da lotte e contese” (Preghiera eucaristica della riconciliazione II)
la Chiesa è chiamata a “scommettere
sulla carità” contrapponendo alla logica dell’intolleranza
e della violenza le ragioni dell’amore che si esprime nell’attenzione, nella disponibilità,
nel dialogo,
nel rispetto,
nel servizio
umile e generoso, nella condivisione ;
un amore che trova nel perdono la sua espressione più alta Solo così sapremo dare alla nostra comunità il volto
di una “famiglia” aperta a tutti, capace di accogliere e di
amare ogni persona, “luogo” di incontro e di crescita umana e
cristiana.
Non ci nascondiamo le difficoltà che ogni giorno incontriamo nel
realizzare tutto questo; conosciamo quali sono i limiti e le barriere
che ostacolano l’incontro e il dialogo.
Anche nella nostra
comunità ci sono incomprensioni e tensioni che a volte sembrano
insormontabili. Ne prendiamo atto, non con rassegnazione quasi si trattasse
di una “malattia incurabile”, ma nella convinzione che è possibile
sanare le “ferite”,
superare i contrasti, eliminando
atteggiamenti che offendono la carità per assumere uno stile di vita
che sia espressione di fraternità e di comunione. Ispirandoci
alla gratuità
dell’amore di Dio, impariamo a donare noi stessi,
il nostro tempo, le nostre capacità ; promuoviamo tutto ciò
che favorisce il dialogo e l’incontro : “operiamo
insieme per essere insieme”.
“La
Chiesa
- ci suggeriscono i vescovi - è
casa, edificio, dimora
ospitale che va costruita mediante l’educazione a una spiritualità
di comunione. Questo
significa far spazio costantemente al fratello, portando «i
pesi gli uni degli altri»
(Gal 6,2). Ma
ciò è possibile solo se, consapevoli di esser peccatori perdonati,
guardiamo a tutta la comunità come alla comunione di coloro che il
Signore santifica ogni giorno. L’altro
non sarà più un nemico, né un peccatore da cui separarmi, bensì «uno
che mi appartiene»”, un fratello
con cui “condividere gioie e
dolori, contraddizioni e speranze” (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 65). Formati alla scuola della Parola “La
Chiesa può affrontare il compito dell’evangelizzazione solo
ponendosi, anzitutto e sempre, di fronte a Gesù Cristo, parola di Dio fatta
carne”. (Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia, n. 10) La
Parola di Dio è fondamento
della fede e principio
ispiratore di ogni comunità “credente” che intende
collaborare all’opera salvifica di Cristo.
“Soltanto
lasciandoci conformare a Cristo, fino al assumere il suo stesso sentire
(cfr. Fil 2,5), potremo predicare Gesù Cristo e non noi stessi.
L’evangelizzazione può avvenire solo seguendo lo stile del
Signore Gesù, il primo e il più grande evangelizzatore” (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n.
33). Mettiamoci,
personalmente e comunitariamente, in costante
ascolto della Parola di Dio per trarre da essa indicazioni utili
per vivere coerentemente la nostra fede.
Confrontiamoci con essa
perché non siano le nostre idee e i nostri progetti ad orientare le
scelte che facciamo, ma unicamente la volontà di Dio. La
liturgia è il “luogo
privilegiato” dell’annuncio e della
condivisione della parola : è nell’incontro sacramentale
con Cristo, infatti, che la fede trova la sua espressione più autentica
e la dimensione comunitaria che ci qualifica come popolo di Dio. E’
necessario favorire, attraverso l’animazione liturgica, la partecipazione
attiva della comunità alle celebrazioni : una liturgia
viva, inserita nei tempi che scandiscono l’anno liturgico e attenta
alle situazioni delle persone, alle loro esperienze di vita, capace di
esprimere con un linguaggio comprensibile la presenza salvifica di
Cristo nella storia. . E’ auspicabile, pertanto, la creazione di un gruppo liturgico
con lo scopo di promuovere e coordinare iniziative e proposte capaci di
coinvolgere l’assemblea nelle azioni liturgiche e di favorirne
l’attiva partecipazione, soprattutto in circostanze particolarmente
importanti e significative. Fondamentali,
nel cammino di fede, sono gli itinerari di catechesi e di
formazione cristiana, organizzati per fasce di età. Nell’ambito della pastorale giovanile si
intende promuovere un cammino di fede comune alle parrocchie di San
Giuseppe e dei Santi Apostoli, con incontri periodici, giornate di
ritiro e proposte di volontariato. Molto positivi, e quindi da riproporre e da
potenziare ulteriormente, risultano i campi
scuola che, ogni estate, coinvolgono i ragazzi, i giovanissimi,
i giovani e gli adulti. Accanto
alle proposte “tradizionali”, si avverte sempre più l’esigenza di
percorrere nuove
“strade” per coinvolgere nel cammino di fede i genitori dei ragazzi e dei
giovani, superando la mentalità, ancora profondamente radicata, di una
catechesi orientata esclusivamente alla celebrazione dei sacramenti.
E’ necessario richiamare i
genitori al loro ruolo
primario e insostituibile di educatori
nella fede con iniziative che li vedano coinvolti in prima
persona nella formazione cristiana dei propri figli. Alla
comunità cristiana si chiede di prestare particolare attenzione alla catechesi, promuovendo iniziative
che la rendano sempre più efficace e investendo in essa energie umane e
materiali. L’annuncio
della parola richiede da parte di coloro che sono chiamati a compiere
tale missione un’adeguata
preparazione. La
parrocchia s’impegna, pertanto., a promuovere itinerari
formativi per animatori e operatori
pastorali, nell’ambito anche delle iniziative e delle proposte
suggerite dalla diocesi. Una Chiesa di discepoli e di inviati “Il
Vangelo è il più grande dono di cui dispongono i cristiani. Perciò
essi devono condividerlo con tutti gli uomini e le donne che sono alla ricerca di ragioni per vivere, di una
pienezza della vita” (Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia, n. 32) Nel
documento pastorale, indirizzato alla Chiesa italiana, i vescovi
sollecitano le comunità cristiane a collaborare attivamente all’opera
di evangelizzazione affidata da Gesù ai suoi discepoli, perché
l’annuncio della parola raggiunga coloro che sono “lontani”
dai luoghi dove abitualmente i cristiani si raccolgono per celebrare
l’Eucaristia e vivere esperienze di comunità. E’
l’impegno missionario
affidato a tutti i credenti in forza del battesimo e nel quale ogni
comunità parrocchiale deve misurare la propria capacità di essere nel
mondo “segno” trasparente dell’amore di Dio. La parrocchia, come dice la
parola stessa “paroikìa”,
è “la casa accanto alle case” : casa di Dio tra le case degli
uomini, un “tempio” per il “tempo” degli uomini da accogliere e
amare! La definizione mette in risalto la dimensione missionaria della parrocchia, aperta all’incontro,
al dialogo, alla collaborazione con tutti coloro che vivono e operano
nel territorio.
Una simile prospettiva chiede un cambiamento
di mentalità : dalla chiesa “luogo di culto” e di
incontro per quanti già vivono esperienze di fede ad una chiesa “missionaria”, capace di uscire dagli spazi
“ristretti” in cui per troppo tempo è stata isolata per andare
incontro a quanti vivono al di là di questi spazi, in un territorio per
molti versi “sconosciuto”. La parrocchia è il “luogo”
nel quale si entra non solo per implorare grazie ed essere in comunione
con il Signore e con gli altri credenti, ma una “casa” dove si
apprende l’arte
del dialogo con quanti abitano nelle “case” intorno ;
una casa dove ci si prepara a raggiungere i fratelli per comunicare e
condividere l’annuncio
del vangelo : la “buona notizia” dell’amore di Dio. Da
diverso tempo la nostra comunità avverte l’esigenza di uscire dai
“confini” tradizionali. Alcune
iniziative sono già in atto da diversi anni, come ad esempio i centri
di ascolto, la visita
del sacerdote alle famiglie, il contatto con i genitori dei ragazzi che
si preparano ai sacramenti. Molto
resta ancora da fare per raggiungere quanti vivono “ai margini”
della parrocchia, “lontano” dalle esperienze di vita comunitaria. Particolare
attenzione vogliamo prestare alle famiglie,
chiamate ad essere “soggetto”
attivo della pastorale parrocchiale, a servizio dell’annuncio
e della testimonianza del vangelo. La comunità si impegna, per questo, ad individuare e
a formare alcune famiglie che, attraverso la riscoperta della grazia del
sacramento coniugale e con l’aiuto di sacerdoti e di operatori
pastorali, favoriscano “rapporti
personali con ogni famiglia in un tessuto relazionale nuovo, veramente
capillare”
(Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia, n. 52) Insieme
alle famiglie un’attenzione
“privilegiata” è da riservare ai
giovani, a quanti dopo il sacramento della cresima sono tentati
di abbandonare la pratica sacramentale e la partecipazione alla vita
parrocchiale. Ci sembra importante
coinvolgere in questa opera di “recupero” e, al tempo stesso, di
“evangelizzazione” i giovani che già frequentano i nostri ambienti,
perché siano “testimoni” della loro
esperienza di fede. La carità, “segno”
qualificante della comunità cristiana “Tutti
i cristiani, in forza del battesimo che li unisce al Verbo, diventato
uomo per noi e per la nostra salvezza, sono
chiamati a farsi prossimi agli uomini e alle donne, che vivono in situazioni di frontiera” (Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia, n. 62) Consapevoli
che nella carità la fede trova la sua espressione più autentica e
credibile, sentiamo viva e urgente l’esigenza di prestare attenzione a
coloro che “vivono
- secondo l’espressione dei vescovi - in “situazioni
di frontiera : i
malati e i sofferenti, i poveri, gli immigrati, le tante persone che
faticano a trovare ragioni per vivere e sono sull’orlo della
disperazione, le famiglie in crisi e in difficoltà materiale e
spirituale”. Le
ragioni della carità -
ricorda la Scrittura - vanno ricercate in Dio,
nel suo agire verso gli uomini, nell’atteggiamento preferenziale di
Cristo nei confronti dei poveri, degli emarginati, degli ultimi. “Il
cristiano,
- ripetono i vescovi - sull’esempio
di Gesù, «buon samaritano»,
non si domanda chi è il suo prossimo, ma si fa egli stesso prossimo all’altro, entrando in un rapporto realmente fraterno con
lui (cfr. Lc 10,29-37), riconoscendo e amando in lui il volto di Cristo,
che ha voluto identificarsi con i «fratelli più piccoli»”
(Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia, n. 62).
Come
discepoli di Cristo, non possiamo restare indifferenti
dinanzi alle “povertà” di tanti nostri fratelli e sorelle ;
sarebbe un grave peccato, ci ammonisce l’apostolo Giovanni : “Se
uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore.
Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che
non vede”. E conclude : “Questo
è il comandamento che abbiamo da lui: chi
ama Dio, ami anche il suo fratello” (1Gv 4,20-21). La
carità non si nutre di belle parole, ma di decisioni impegnative, di scelte
coraggiose, di comportamenti che ci fanno riconoscere in ogni
fratello, soprattutto nel più piccolo e nel povero, Gesù stesso che chiede di essere accolto, amato
e servito :
“Ogni volta
che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatto a me”
(Mt
25,40).
Accanto agli interventi che individualmente compiamo a favore
delle persone meno fortunate di noi, avvertiamo il bisogno di dare alla
carità una dimensione
comunitaria e di agire con maggiore
efficacia per venire incontro alle richieste di aiuto che,
sempre più spesso, ci giungono dai poveri e da quanti vivono nel
disagio e nell’emarginazione. In questa azione, che ci
qualifica come comunità cristiana, c’è bisogno del contributo
di tutti, perché tutti possediamo doni, capacità,
competenze da mettere a
servizio degli altri. La
comunità ha bisogno di persone capaci di amare, disposte a mettere la prova vita a
servizio dei fratelli.
La proposta è di istituire un “Centro
sociale parrocchiale”, con il compito di individuare i bisogni
urgenti e di coordinare gi opportuni interventi, favorendo, con il
contributo di quanti operano nei vari servizi sociali o possiedono
specifiche competenze, la collaborazione dei volontari che hanno dato la
propria disponibilità. L’Oratorio, luogo di formazione umana e cristiana “L’Oratorio quotidiano è
nella tradizione l’opera in cui maggiormente si è identificata
l’attività apostolica dell’Istituto. Esso esprime l’efficace ed
umile servizio della comunità cristiana a beneficio soprattutto dei
giovani; è aperto alle varie attività e adattabile alle esigenze dei
luoghi e dei tempi, e ci permette quello stile di amicizia cordiale,
di semplicità di tratto, di
presenza costante che è caratteristica precipua
del nostro spirito”. (Costituzioni
dei Padri Canossiani, n. 83)
Nella
lunga storia della parrocchia di San Giuseppe l’oratorio è stato, per
molti ragazzi e giovani, un importante punto di riferimento : un
ambiente educativo che ha favorito la loro crescita
umana e cristiana.
Nello spirito della tradizione canossiana l’oratorio è
l’opera in cui maggiormente si esprime l’attività apostolica
dell’Istituto fondato da Santa Maddalena : luogo di incontro e di formazione ;
ambiente
di vita, ricco di umanità, di accoglienza e di familiarità,
nel quale i ragazzi e i giovani, ma anche gli adulti vivono importanti esperienze di vita comunitaria.
Grazie alla disponibilità di alcuni volontari, l’Oratorio
offre ai ragazzi e ai giovani della nostra e di altre parrocchie la
possibilità di ritrovarsi in alcuni giorni della settimana per svolgere
attività
sportive, in collaborazione con il Centro Sportivo Italiano al
quale esso è associato. Alla luce di esperienze
positive che recentemente sono state compiute, gli animatori intendono
proporre, accanto al tradizionale gioco del calcio, altre attività così da coinvolgere nella vita dell’oratorio
un numero sempre maggiore di ragazzi e preadolescenti. Si pensa, per le ragazze in particolare, al tennis da tavolo
e alla pallavolo. Saranno
programmate attività
di laboratorio perché chi lo desidera possa esprimere le
proprie capacità artistiche e di creatività.
Altre iniziative, tese a favorire la maturazione umana e
cristiana dei ragazzi e dei giovani, saranno prese di comune accordo con
i responsabili della pastorale parrocchiale.
La realizzazione di un oratorio sempre più efficiente, capace di
rispondere alle attuali richieste ed esigenze, presuppone la presenza di
un numero adeguato di volontari.
Sarà compito dell’intera comunità individuare e preparare
nuovi animatori, capaci di svolgere con “passione” e competenza un servizio così prezioso
e indispensabile.
Si chiede, anche per questo, una ristrutturazione
dei locali dell’oratorio, quanto mai necessaria visto il
“degrado” in cui si trova l’intero complesso.
Si è avvertita, soprattutto negli ultimi tempi, l’esigenza di
promuovere, con la comunità dei Santi Apostoli, iniziative
comuni per coinvolgere nelle stesse attività i giovani e i
ragazzi delle due parrocchie. E’
quanto già avviene per il grest
estivo, ma altre circostanze potrebbero favorire ulteriormente
questa collaborazione (Natale, Carnevale...). Letto
e approvato nella
seduta del
Consiglio Pastorale
Parrocchiale del 26 febbraio 2003
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