Intervento al CPP di S.Giuseppe – 8 ottobre 2002

1. La tensione missionaria 

Non vogliamo iniziare con i pianti e le lamentele, ma è un dato di fatto che comunicare il Vangelo ai giovani ed entusiasmarli alla fede è un’opera che oggi sembra particolarmente ardua se non avvilente. E’ inutile nasconderci che nelle nostre comunità cristiane “girano” pochi giovani, e quei pochi non sono tutti allo stesso modo motivati. Non è possibile qui neppure tentare una analisi del fenomeno dell’ “emigrazione” giovanile dalle nostre chiese. Né vogliamo incorrere nella rischiosa tentazione di pensare che il problema della pastorale giovanile è di vedere intorno a noi un folto numero di gente che fa tante attività.

La nostra preoccupazione quotidiana è chiederci chi attuerà una presenza di Chiesa nei luoghi della quotidianità? Come possiamo offrire al giovane l’umile e discreto servizio di un accompagnamento “vocazionale” nella ferialità, lì dove la risposta alla chiamata di Dio passa attraverso la capacità di discernere e decidere delle scelte di studio, di lavoro, di relazione…? In altre parole, quello che ci interessa non è l’ideale di un censimento soddisfatto ma che il Signore Gesù trovi spazio e diventi significativo nel cuore di ogni giovane che incontriamo.  

2. La PG nelle parrocchie di S. Giuseppe e dei Santi Apostoli  

La Regola di Vita dei padri canossiani quando parla del nostro apostolato, tra le altre cose dice che:

“Il nostro servizio ai poveri e ai giovani, spesso emarginati, esige un preciso stile educativo. In linea con la nostra tradizione esso si esprima in un accostamento umile e diretto alle persone, in una presenza quotidiana e premurosa, nel coraggio di condividere il più possibile la loro vita, nella capacità di voler bene perché ognuno si senta amato e compreso. Come l’Emanuele siamo chiamati a incarnarci nelle reali situazioni di necessità, così che i poveri siano la nostra prima preoccupazione. Affrontiamo i casi più difficili con la dedizione del Buon Pastore che lasciò le novantanove pecorelle per una sola: su questo amore saremo giudicati. Offriamo a tutti un accoglienza gioiosa e un ambiente di famiglia, soprattutto a quei ragazzi che non hanno una vera famiglia. Agiamo con prontezza, senza lasciarci sfuggire le occasioni presenti per le incerte speranze del futuro; e doniamo con tutta la ricchezza della nostra umanità, amando i fratelli così da desiderare di offrir loro non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita.” (RdV 79-80)

Questo è l’ideale che ci anima e che pur con tanti limiti personali e comunitari cerchiamo di rendere il più possibile concreto. Per questi motivi, anche se all’interno di un servizio ecclesiale parrocchiale, per se senza confini, la comunità dei Padri ha una speciale attenzione alla educazione e alla formazione cristiana dei giovani e dei poveri in particolare. E fa questo in modo comunitario; non siamo quattro liberi professionisti, ma quattro persone che si sono consacrate al Signore e che condividono tutto, ma soprattutto la cosa più importante, lo stesso carisma, cioè lo stesso ideale di vita: far conoscere e amare Gesù e servirlo soprattutto nei poveri e nei piccoli, nello spirito del Vangelo e di S. Maddalena

  a.  Aspetti positivi  

I giovani che frequentano abitualmente la parrocchia sono generalmente sensibili ad un discorso di fede e disponibili per un cammino evangelico. Vivono con entusiasmo l’appartenenza alla parrocchia (testimonia questo anche la sofferenza con cui “sentono” i problemi della parrocchia: la poca frequenza, l’assenteismo, l’”essere sempre gli stessi”…) 

B. Problemi  

Non è difficile rintracciare tra i giovani che frequentano le nostre parrocchie quelli che sono i problemi dei giovani in generale: individualismo e massificazione, crescente analfabetismo religioso, disorientamento nei confronti delle scelte di vita.

Più in particolare, per quello che riguarda la PG, è sempre più evidente un riflusso nel privato da parte dei giovani anche per tutto ciò che concerne la fede. Potremmo parlare di una mancanza di missionarietà come conseguenza di una debole identità cristiana.

Finora ci siamo serviti, anche fruttuosamente, del “gruppo” come espressione più immediata della PG. Guardando la realtà delle nostre opere pastorali (non solo locali) è evidente che il gruppo da “mezzo”, “strumento”, è diventato “fine” del nostro impegno. Ma siamo convinti che prima che una questione di iniziative e di opere, la PG è un fatto relazionale, un incontro tra persone.  

3. Prospettive  

Con queste premesse è ovvio che nella PG parametro di riferimento non potrà essere il gruppo né qualunque altro tipo di iniziativa. Parametro di riferimento della PG sarà la vita del giovane cristiano sinteticamente descritta come esperienza di fede e che si esprime come: approfondimento della fede con cammini il più possibile adeguati; celebrazione della fede nella comunità cristiana di cui si fa parte; operosità della fede in tutti gli ambienti di vita (famiglia, scuola, lavoro, gruppo di amici…)

Quindi: per la PG ciò che vale è la relazione del giovane con Cristo (relazione che può esprimersi e sperimentarsi in svariati modi) e con i fratelli (di una precisa comunità parrocchiale e, attraverso questa, di tutta la Chiesa) non l’appartenenza o meno a un gruppo o il coinvolgimento o meno in iniziative e attività. In ogni caso gruppo, iniziative e attività sono strumentali alla vita di fede del giovane.  

4. Il gruppo adolescenti  

Una parola a parte merita la realtà del gruppo degli adolescenti della nostra parrocchia. Grazie anche alle fatiche e alla passione degli animatori, possiamo dire di aver mostrato ai nostri giovanissimi quanto ci stanno a cuore e quanto vogliamo che crescano “in età, sapienza e grazia” davanti a Dio e davanti agli uomini. Certo non mancano le difficoltà: Per quest’anno il gruppo giovanissimi della parrocchia di S. Giuseppe continuerà il suo cammino proponendosi tra gli obiettivi, oltre alla formazione degli adolescenti che frequentano, un più attento e coinvolgente inserimento dei nuovi e dei vecchi che non frequentano più.  

5. Concretamente  

Con questi presupposti, e chiarito lo spirito col quale operiamo, noi padri canossiani di Riposto proponiamo ai giovani delle parrocchie a noi affidate: accompagnamento per il discernimento spirituale; un cammino comune di approfondimento della fede per i giovani delle due parrocchie con cadenza quindicinale; proposte di giornate di ritiro spirituale (Catania); proposte di volontariato (Voica, oratorio, grest…).

Abbiamo già incontrato i collaboratori della PG delle due parrocchie e le proposte sono state accolte bene, più di quanto immaginassimo.

Deve essere però chiaro che il discorso della collaborazione per una PG pensata e condotta insieme non vuole insinuare qualche debolezza nei confronti del senso d’appartenenza e del conseguente servizio dei giovani rispetto alla propria comunità parrocchiale. Tutto ciò è non solo per un banale discorso di risparmio di energia, né solamente per cercare di superare una troppo angusta mentalità “parrocchiale”, ma soprattutto perché l’esperienza cristiana dei nostri giovani sia una esperienza di Chiesa positiva, aperta al mondo, alle sue ricchezze e ai suoi drammi, capace di tradursi in stile e scelte concrete di vita. 

p.Mimmo

 

Intervento al CPP sulla Pastorale delle Famiglie – 24 gennaio 2003 

Se facciamo una mappatura “spirituale” della nostra parrocchia, ci si rende subito conto che la nostra comunità ha un’attenzione speciale per la catechesi e i giovani e una partecipazione vivace di adulti. Ci si rende anche conto che mancano però iniziative che coinvolgano le famiglie giovani e le famiglie che hanno figli in età scolare (le famiglie dei ragazzi del catechismo e dei gruppi giovanili).

Eppure queste famiglie non mancano “fisicamente” nella nostra parrocchia. Ce ne accorgiamo nelle messe domenicali. Ci sono tante coppie, parecchie famiglie. Se ne accorge padre Angelo nella visita che fa alle famiglie, soprattutto nella zona nuova della Strada 37. 

Come mai queste famiglie non sono coinvolte nelle attività della parrocchia? Come la nostra comunità cristiana vede queste famiglie? Come la nostra comunità cristiana sta vicina a queste famiglie soprattutto nel ruolo educativo spesse volte difficile dei genitori? Come la nostra comunità cristiana può rendersi presente in queste famiglie facendoli partecipi della più grande famiglia parrocchiale? Come la nostra comunità cristiana può aiutare gli sposi cristiani a coltivare e far maturare il dono speciale concesso loro dal Signore col sacramento?

Come la nostra comunità cristiana sta vicina con il consiglio e la preghiera alle coppie in difficoltà o separate o divorziate? 

Il Papa nella Familiaris Consortio, dice che «la famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale» (n. 50). Il ruolo del matrimonio e della famiglia è essenziale, organico e strutturale alla pastorale. Dal momento che il sacramento del matrimonio è organico alla vita della Chiesa, si può fare a meno di un tale sacramento? Nell’impostazione pastorale, possiamo prescindere dal ruolo che ha un sacramento? Se questa è la parola primaria e permanente con cui Dio ha voluto comunicarsi, possiamo pensare di fare evangelizzazione prescindendo dalla famiglia annunciante?

Attenzione però a non ragionare con occhio clericale: “annunciante”, non per dire che fa catechesi o viene in parrocchia, ma nel senso che lì dove essa è, dove essa vive, essa rappresenta la Parola. Perché la Parola non è solo quella pronunciata, la Parola è anche quella espressa. Non si può quindi far pastorale se si prescinde da un elemento che è strutturale, organico ed essenziale alla vita della Chiesa. Si rischia altrimenti di mostrare la pastorale che ha il volto del prete, ma non ha il volto della comunità che Gesù vuole dare, il volto della famiglia. Si vuol fare della parrocchia la famiglia delle famiglie, prescindendo dalle famiglie come soggetti operanti.

Va fatta qui una precisazione: famiglia oggetto – famiglia soggetto… Perché la famiglia continua ad essere oggetto della pastorale e non soggetto? Oggetto, cosa vuol dire, e perché? Ci sono certamente elementi essenziali che appartengono senza discussione al ruolo del presbitero, per cui in tali ambiti la famiglia è chiamata ad essere oggetto di pastorale. Ma perché è chiamata a continuare ad essere oggetto dell’attenzione? Con quale finalità? Per diventare soggetto di pastorale. La finalità dell’attenzione data alla famiglia è per poter fare pastorale con la famiglia.

Abbiamo un esempio chiarissimo: i seminaristi sono oggetto dell’attenzione ecclesiale per sei anni (gli anni del seminario). Perché sono oggetto dell’attenzione? Perché diventino preti, perché siano soggetto, siano sacramento per.  Chi si sogna di dire: «Teniamoli qui questi giovani per tutta la vita, è bello vedere sempre affollato il seminario»? Noi invece, impostiamo la pastorale per le coppie in maniera minimale, così da far rimanere la famiglia perennemente oggetto, perennemente sottosviluppata. (cfr. Bonetti, La pastorale della famiglia, 2001). 

A livello di CPP dobbiamo analizzare la situazione, operare un discernimento per valutare cosa è giusto, agire di conseguenza. Eviteremo iniziative “una tantum” e improvvisazioni. Eviteremo il “facciamo qualcosa…”. Eviteremo la tentazione del “portiamoli in chiesa…”. 

Ci proponiamo per il prossimo anno di iniziare subito con il coinvolgimento delle famiglie soprattutto “rendendoci presenti” nelle famiglie; con discrezione, certo, ma convinti del ruolo insostituibile che esse possono dare alla nostra comunità come risposta alla loro vocazione. 

Per quest’anno vorremmo anzitutto “sensibilizzare” e iniziare a “creare mentalità” preparando il lavoro per il prossimo anno; lo faremo in tre tappe: 

  1. tre incontri organizzati dai giovani-adulti rivolti in modo particolare alle famiglie ma ai quali sarebbe bene partecipare anche come CPP:
    1. “La famiglia soggetto della pastorale della Chiesa. Che attenzione ha la diocesi di Acireale per la famiglia. Esperienze in atto di pastorale familiare” (coniugi Scapellato UPFD)
    2. “Il ruolo educativo della famiglia” (Giovanni Patanè e gruppo famiglie)
    3. Un abbozzo di pastorale familiare nella nostra parrocchia (p. Angelo)
  2. individuazione e formazione di 4/5 nuclei familiari disponibili per un servizio alla famiglia
  3. tregiorni in estate di preghiera e formazione intensiva per questi nuclei familiari

pmimmo