A nome delle comunità di S. Giuseppe e SS. Apostoli
rivolgo un breve ma intenso saluto a P.M., che dopo tre anni do sosta a Riposto
continua il suo ministero altrove.
Saluto breve ma intenso come il suo apostolato nella nostra
parrocchia, nel corso del quale lo abbiamo visto viceparroco in S.Giuseppe
intento sopratutto a camminare a fianco dei giovani come guida discreta e sicuro
riferimento di fede cristiana.
La sosta a riposto di P.M.. ha costituito solo un piccolo
capitolo di un piano divino più ampio. Piccolo, ma, per la nostra comunità
molto significativo. Si diceva infatti presenza breve ma intensa, come certi
episodi della vita che, allorquando accadono, sembrano volere far riflettere,
dare un avviso, lasciare un segno.
Quale segno in questo caso? All’interrogativo non si può
rispondere in modo univoco perché di fronte agli episodi e ai personaggi della
vita ognuno si rapporta in maniera del tutto esclusiva. Tuttavia nella piccola
storia della nostra parrocchia, il segno, che mi appare degno di
condivisibilità,
e da sottolineare oggi, giorno del saluto a P.M., può essere quello di un
giovane che, alla chiamata del Signore, risponde senza distrazione: “mi hai
chiamato, eccomi”. Un eccomi vissuto senza fronzoli, con spontaneità, in
coerenza con quel modo di rapportarsi personale che è la propria vocazione,
incarnato senza estraniarsi ma misurandosi con i tempi e la cultura del mondo.
A ben pensarci per il cristiano un segno così non dovrebbe
costituirsi come un evento eccezionale, perché ogni giorno il Signore,
attraverso la realtà, fa appello alla parte più giovane che è in ciascuno di
noi, quella non dipendente dall’età, meno ancorata al passato, alle
sicurezze, agli edifici costruiti, più protesa al futuro ai progetti da
realizzare, all’incertezza o, se vogliamo, a certezze di altra natura. In quel
momento della chiamata, occorre essere giovani, esserci con la mente “mi hai
chiamato”, e col cuore “eccomi”, intenzione espressa secondo l’esclusiva
vocazione personale.
Tuttavia in questa particolare circostanza, anziché
rivolgerci ulteriormente indietro per trarre delle considerazioni consuntive,
trattandosi di una giovane vita consacrata a Dio e protesa verso il domani,
torna più naturale fare delle considerazioni di ordine preventivo ovvero
riferite ad un progetto di vita cristiana:
ben fondato e definito nella onniscienza divina, ma in
pieno divenire, necessario di molte cure e da perfezionare nella limitata
dimensione umana.
Quale debba essere questo progetto non sta a noi
raccontarlo, ma un voto augurale vogliamo rivolgerlo: affinché P.M. possa
essere strumento vivo capace:
di svelare Dio nelle modernità, nei modelli
comportamentali e sociali avanguardisti, nei nuovi saperi a base di tecniche
progressiste, nelle frontiere avanzate delle sfide umane come si dice, ove,
insieme alle regole, a volte sembra essere assente anche Dio, e, se proprio Dio
non fosse possibile trovarvelo, di seminarvelo.
Qualcuno diceva che il saluto non necessariamente deve
essere un momento sommesso e giù di tono, ma piuttosto di gioia, di fiducia, di
ringraziamento, di soddisfazione per ciò che si è fatto, di speranza per
quanto di buono e di più si pensa di fare.
Sono proprio questi i sentimenti che a nome della comunità
rivolgo a P.M., uniti alla preghiera perché il Signore lo assista nelle scelte
e lo conforti nelle difficoltà che temprano la vita e la fede.
Il ringraziamento di fondo lo rivolgiamo a Dio: grazie
Signore,
perché ci hai fatto il dono di P.M.,
perché attraverso le persone da te ispirate ci offri il
segno della individualità esclusiva della nostra vocazione cristiana
e perché con la tua parola ci indichi la via per viverla e
rafforzarla.
Sebastiano Blancato
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